L’Eternit, materiale edilizio noto anche erroneamente con il nome di amianto, è il fibrocemento che andava per la maggiore nel secolo scorso.

Economico, funzionale e con ottime capacità isolanti sia dal punto di vista termico che da quello acustico, l’amianto si è presentato per anni come un grande amico dell’abitare.

Impiegato per coibentare le pareti, per realizzare pavimentazioni, per rivestire tetti, comignoli e canne fumarie, l’eternit ha addirittura trovato largo uso nel campo idraulico per realizzare cisterne d’acqua. Tuttavia, ciò che vediamo luccicare non è sempre oro. È proprio questo il caso dell’eternit.

L’importanza di bonificare l’Eternit

Nonostante l’impiego pressoché dilagante, una volta scoperto che l’Eternit, in caso di rottura delle sue fibre, solleva polveri tossiche per l’essere umano, l’accortezza nei suoi confronti è totalmente cambiata.

Di fatto oggi l’Eternit viene sottoposto ad un attento monitoraggio che ne verifichi lo stato. Quando lo stato del materiale presenta criticità, si deve infatti provvedere ad eliminarlo. È bandito dunque il fai da te.

L’Eternit deve essere rigorosamente bonificato da aziende specializzate, le quali provvedono altresì a smaltirlo in apposite discariche.

La ditta preposta alla bonifica dell’Eternit deve essere iscritta nell’Albo dei Gestori ambientali.

Quest’ultima, prima di procedere alla rimozione e al successivo smaltimento del materiale, deve eseguire una valutazione di rischio del manufatto; dopodiché è necessario attendere il responso per sapere se l’amianto debba essere rimosso oppure se debba seguire appositi trattamenti di mantenimento.

Qualora si rendesse necessaria la rimozione del materiale e il suo conseguente smaltimento, è fondamentale che tali operazioni vengano eseguite da operai qualificati al suo contenimento, alla successiva movimentazione, al trasporto e, infine, al suo smaltimento.

Il personale specializzato oltre a essere ben informato sui rischi, deve altresì essere formato per lavorare in sicurezza.

Vista la tossicità della materia è di vitale importanza non improvvisarsi professionisti, questo perché ogni singolo passaggio deve rigorosamente essere eseguito a regola d’arte e nel più alto rispetto delle leggi vigenti in materia.

Di seguito un excursus sulla storia che reso l’amianto fuori legge in Italia.

L’eternit un falso amico

Al di là dell’economicità e dei benefici apparenti per le abitazioni e per chi le abita, l’Eternit si è rivelato fin dai primi del Novecento un amico falso e insidioso. Già nei primi anni del secolo scorso, ad alcune persone esposte all’amianto fu infatti diagnosticato un male invalidante, la fibrosi polmonare.

Nel 1927, questa malattia il cui nome è asbestosi entra ufficialmente nel dizionario medico, che la classifica come una patologia direttamente associata al rischio amianto. Si deve però arrivare alla seconda metà del Novecento per avere una prima regolamentazione sui rischi che corrono i lavoratori esposti a questo materiale.

Nel ’43 il Bel Paese inserisce l’asbestosi come malattia professionale che ha obbligo assicurativo.

Bisognerà attendere il ’47 per vedere ufficializzata la correlazione tra amianto e mesotelioma.

Tuttavia, sarà necessario aspettare il 1960 affinché venga provato dagli studi epidemiologici lo stretto rapporto tra questo materiale edile e l’asbestosi, il carcinoma polmonare e il mesotelioma.

Il giorno 26 giugno dell’anno 1986 arriva un’ordinanza ministeriale (emanata dal Ministero della Sanità in attuazione della direttiva CEE numero 83/478) che vieta l’impiego di amianto blu.

Nell’88 sarà la volta del Decreto numero 215 del Presidente della Repubblica ad ampliare il divieto d’impiego di altre tipologie di amianto per la realizzazione di giocattoli, di pitture, di vernici e di specifici articoli dedicati ai fumatori.

Per ottenere una legge che protegga i lavoratori dai rischi che derivano dall’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici bisognerà aspettare il 15 agosto del 1991. La legge è la 277.

Nonostante la comprovata pericolosità dell’eternit, per arrivare a un divieto che impedisca la produzione di manufatti si dovrà attendere il 1992 e legge numero 257.