Le Origini della Tarantella: fra storia e credenze

La Tarantella è la danza popolare più celebre del Sud Italia. In realtà, con il termine Tarantella, si indicano una serie di danze tradizionali sviluppatesi e diffusesi, fra XVII e XVIII secolo, in tutte le regioni meridionali del nostro Paese.

Le origini del nome tarantella possono essere ricondotte ad un antico culto di matrice greca, in particolare ai riti orgiastici in onore di Dioniso (dio del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi), molto diffusi nella città di Taranto.

Le feste dionisiache prevedevano lo svolgimento di processioni alle quali prendevano parte le Menadi o Baccanti. Erano, queste ultime, delle sacerdotesse che, nel corso del corteo, indossavano solo pelli di animali e omaggiavano il dio cantando e danzando in modo sfrenato e convulso. Durante il Medioevo, con l’avvento del Cristianesimo, questi riti furono soppressi perché ritenuti osceni ed eretici.

Stando ad un’altra teoria, il termine Tarantella deriverebbe dall’equivalente dialettale di taranta che designa la Tarantola, ragno dal morso velenoso e in grado di provocare strani effetti fra cui l’iperattività.

L’antidoto per curare questi disagi era individuato nel ballo: si credeva, infatti, che la sudorazione che esso produceva, fosse in grado di espellere il veleno dal corpo che lo aveva assunto. Di qui la pratica del tarantismo che prese piede nel meridione, specialmente in area salentina: secondo le credenze popolari, il morso della Lycosa tarantula scatenava uno stato di malessere generale, da cui si poteva guarire con la musica e una danza assai ritmata.

La tarantella napoletana: tradizione e cultura

Nel corso del XVIII secolo, mentre il Tarantismo si appresta a scomparire definitivamente, a Napoli viene alla luce la tarantella.

Sotto la spinta repressiva della Chiesa e dietro lo sradicamento della credenza che il morso della tarantola causasse le convulsioni proprie del tarantismo, a Napoli la tarantella rinasce con il carattere precipuo di danza.

Due sono gli intenti della nuova tarantella: recuperare la carica erotica degli antichi rituali dionisiaci e diventare una danza colta, in grado di conquistare i salotti napoletani nobiliari e altoborghesi.

Quanto alle caratteristiche della Tarantella, il suo tempo e il suo ritmo sono veloci e il metro varia.

Gli strumenti musicali possono essere di diverso tipo: a fiato, a percussione e a corda.

Si tratta di strumenti propriamente napoletani quali il putipù, lo scetavaiasse e il triccabballacche che rimarcano la vitalità del ritmo.

I gesti della Tarantella napoletana sono quelli del Tarantismo (in piedi, caduta a terra e movenze svolte a terra) con l’aggiunta di figure tipiche di alcuni balli popolari seicenteschi. Inoltre un ruolo di primo piano, nell’ambito della danza, spetta alle donne.

Spesso, al ballo si affiancano strofe cantate e recitate, con riferimento alla sfera amorosa.

Secondo la tradizione, infatti, la Tarantella era anche la danza del corteggiamento. Ai primi del ‘700, quando si sviluppò la tradizione della Tarantella, i matrimoni erano generalmente combinati dalle famiglie.

L’amore tra giovani donne e giovani uomini era meramente platonico e le occasioni di contatto erano limitate a feste o manifestazioni di piazza. I genitori, dunque, una volta percepito il fiorire di simpatie reciproche tra i loro figli, organizzavano delle festicciole, al termine delle quali, l’esecuzione della tarantella rappresentava un vero e proprio rito.

Il ballo, quindi, rendeva possibili gli scambi di sguardi e sorrisi, il contatto fisico (quello tra danzatori era l’unico consentito fino al matrimonio) e la manifestazione pubblica dell’amore.

La Tarantella, comunque, ricorreva anche in altre occasioni come la vendemmia e le feste religiose della Madonna dell’Arco e di Piedigrotta.

Questo genere di musica folk, tra l’altro, ha influenzato rinomati musicisti e scrittori, allettati dalla vivacità del ritmo, dalla varietà del metro e dalle origini mitiche legate alle danze orgiastiche di Dioniso e delle sue sacerdotesse.

Basti pensare a Chopin, Lizst, Mendelsshon e Rossini con la sua interessante trasposizione ne La Danza, del 1835.

Anche Goethe, nelle sue Lettere da Napoli, descrisse il carattere gioioso ed estroverso della tradizione della Tarantella.

Ancora oggi, nella cultura napoletana e in molte feste, si assiste a momenti e riproduzioni di “Tammurriata” cittadina: una rivisitazione moderna della tarantella, a riprova del fatto che quest’ultima non passa mai di moda. Anzi si può dire che, per i partenopei, questa danza rimane sempre uno dei modi migliori per fare festa e scacciare la tristezza.

Come ballare la Tarantella Napoletana

La Tarantella napoletana è una danza che si effettua in gruppo, indossando, se ne si ha l’opportunità, i costumi caratteristici del tempo e utilizzando strumenti come le nacchere e i tradizionali tamburelli napoletani.

É possibile organizzare una Tarantella tra amici in questo modo: alcuni dovranno maneggiare abilmente le nacchere e agitare i tamburelli con piccoli colpi ritmici; altri balleranno in coppia (la coppia dovrà essere formata da un elemento maschile e un elemento femminile), mettendosi sotto braccio.

A ritmo di musica, le coppie dovranno invertirsi e scambiarsi di ruolo: l’elemento femminile di una coppia dovrà danzare con l’elemento maschile di un’altra coppia e viceversa.

I movimenti da eseguire con le gambe dovranno essere sempre gli stessi: prima avanti e poi indietro.